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…. certo giocavamo, ma per noi ogni masso scoperto era un Universo intero……

“Certo giocavamo, ma per noi ogni masso scoperto era un Universo intero, un cielo di stelle da esplorare, un deserto da conoscere.”                                                                                                                       Giancarlo Grassi – da Sassismo spazio per la fantasia

 

Era il 1982 e per la prima volta in Piemonte, forse in Italia, veniva pubblicata una guida di arrampicata non di vie di montagna o di falesia, ma con solo descrizioni di centinaia di passaggi sui massi morenici della Valle di Susa. L’autore era Giancarlo Grassi, un professionista della montagna, una Guida Alpina, ma soprattutto l’esponente di punta di un movimento di innovazione delle regole sia etiche che gestuali dell’arrampicata. In quegli anni di cambiamento la rivoluzione si sviluppo individuando nuovi spazi di gioco ed il sassismo o bouldering finì col esemplificarne le estreme conseguenze; dalle grandi pareti ai pochi movimenti risolutivi su di un blocco di pochi metri. La fantasia non si esauriva nella ricerca di nuove linee, ma anche nella definizione di un codice e nell’invenzione fantastica dei nomi di ogni singolo passaggio a testimoniare la fatica della scoperta, la fisicità della pulizia degli appigli, la dignità creativa. Il libro ed ovviamente le scelte sportive ed etiche rappresentate furono oggetto di scandalo, derisione, ma anche di approndimenti, articoli su riviste di settore e non, tavole rotonde … Divenne quasi necessario rintracciarne le origini per giustificarne la pratica scomodando nomi fondamentali della storia dell’alpinismo: Gervasutti, Comici, Winkler e chissà quant’altri ancora. I luoghi mitici: Fontanbleau, i deserti della California, la Val Rosandra, i nuovi eroi, John Gill, più un fantasma lontano che una realtà in carne e ossa, esempio del possibile. Il Nuovo Mattino, i Sassisti della Val di Mello… Incredibile, oltre che parlare di bouldering, c’era gente che lo praticava.

Sono passati tanti anni ed ormai presentare una guida di blocchi è un atto dovuto ad uno sport in continua espansione, alla ricerca di nuovi terreni su cui esprimersi, seguito da aziende attente all’evoluzione dei materiali necessari, anzi alla ricerca di novità che possano diventare necessità tecniche ed estetiche. In apparenza la rivoluzione si è placata, siamo nel mondo del “politicamente corretto” a patto che sia economicamente interessante; mi manca un po’ la discussione, le polemiche, mi sembra che oltre le prestazioni atletiche sempre più formidabili qualcosa si sia spento, le uniche discurssioni, in linea con il momento culturale, sono sui proventi derivanti dallo sfruttamento professionale tra Guide Alpine ed Istruttori Fasi.

Rileggo le parole di Giancarlo “sì, giocavamo” e soprattutto ripenso a quei lontanissimi pomeriggi di invenzioni di movimenti ed emozioni, penso alle facce dei ragazzi che oggi si sbucciano le dita sui nuovi passaggi del Levi. Il gioco è dei bambini e non è solo un allenarsi a diventare grandi, continua ad essere fantasia, elaborazione di nuove regole, cinismo, rottura degli schemi. E continuare a giocare diventati ragazzi ed adulti non è forse solo un atto consolatorio… il gesto dell’arrampicata ritorna ad essere invenzione, superamento dei propri limiti, fuga da tutto ciò che può essere artificiale, non solo le prese di resina delle palestre. Così i giovani lasciano segni nuovi su blocchi antichi e i nuovi nomi raccontano altri ritmi ma il rito del gioco, quando è veramente tale non cambia mai.

Marco Pozzi

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